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Comune di Mamoiada nella Barbagia di Ollolai in Sardegna

Mamoiada, piccolo comune di 2.580 abitanti, si trova ad un'altitudine di circa 650 metri in provincia di Nuoro: il suo territorio, situato a nord del principale massiccio montuoso dell'isola, il Gennargentu, si estende su una superficie di 4903 ettari confinanti con i territori comunali di Fonni, Gavoi, Nuoro, Ollolai, Orani, Orgosolo e Sarule.

L'uomo ha frequentato il territorio di Mamoiada fin dai tempi più remoti, come sembrano confermare i numerosi ritrovamenti archeologici, in particolare nelle zone più ricche d'acqua: diversi nuraghi e resti di villaggi risalenti allo stesso periodo (1700 - 1500 a.C.) sono visibili nelle località di Sa Pruna (verso Orani), lungo la strada verso Fonni (nuraghe Orgurù) e lungo la strada per Sarule (nuraghe Monte Juradu).

Nella località di Istevene, in località S'Eredadu ed in località Garaunele si trovano resti ancora più antichi, costituiti dalle famose domus de janas, le mitiche case delle fate, in realtà antiche sepolture scavate nella roccia risalenti al periodo prenuragico; in particolare sono molto interessanti le sei domus di Istevene, in una delle quali si trova scolpita una testa taurina, simbolo di potenza e fecondità.

Nel periodo delle invasioni cartaginesi e romane, la storia e le leggende sulle vicende del territorio di Mamoiada narrano di popolazioni fiere ed indomabili, sempre in lotta contro gli stranieri invasori. Secondo lo studioso Massimo Pittau, l'origine del toponimo Mamoiada risalirebbe proprio all'epoca romana, quando il nucleo originario del paese fungeva da punto di controllo per i territori limitrofi; in periodo medioevale alcuni documenti ufficiali indicavano il paese anche coi nomi di Mamoyata (nel Rationes Decimarum Italiae) e Mamujata (nel Codex Diplomaticus Sardiniae).

Nell'XI secolo Mamoiada appartenne al Giudicato di Arborea, poi con la fine dell'epoca giudicale, alla Curatoria della Barbagia di Ollolai; in seguito, sotto il dominio degli Aragonesi, i suoi territori furono assegnati dal re di Spagna Ferdinando V a Pietro Massa di Arborea, mentre a partire dal 1604 furono uniti al Ducato di Mandas, del quale seguirono le vicende storiche fino 1820 quando, con l'Editto delle Chiudende, ebbe termine il feudalesimo.

L'economia odierna di Mamoiada è basata soprattutto sull'allevamento e l'agricoltura, con un'ottima produzione di vini (ad esempio quelli prodotti dal Consorzio Cantina del Cannonau, dalla Cantina Giuseppe Sedilesu e dalla Cantina Giampietro Puggioni) e formaggi (come il rinomato Fiore Sardo D.O.P.), ma anche del tipico pane carasau o harasau (pane dei pastori a sfoglie sottilissime e croccanti) e dei gustosi dolci locali. Importante è anche l'artigianato, che vede la produzione di cassapanche tradizionali finemente decorate, mobili e soprattutto le vere maschere dei Mamuthones, ormai famose ben oltre i confini regionali e nazionali.

A queste maschere, o meglio a tutte quelle dell’area mediterranea, è dedicato l’interessantissimo e tecnologico “Museo delle Maschere Mediterranee”, nato nel 2001 allo scopo di evidenziare i punti di contatto e le similitudini tra le diverse culture attraverso le maschere di Carnevale, tra le quali occupano un posto di notevole rilievo proprio quelle tradizionali dei “Mamuthones” e “Issohadores” di Mamoiada.

Il museo propone dunque un viaggio attraverso le maschere facciali rappresentanti animali ed esseri grotteschi che, unitamente al travestimento fatto in genere con pelli di animali (pecore, montoni, cinghiali ecc.) e completato da campanacci e altri rumorosi attrezzi, venivano utilizzate dalle comunità di pastori e contadini per dei rituali propiziatori, in grado di influire sull’annata agraria. Partendo dalle maschere tradizionali di Mamoiada, il museo compara dunque reperti provenienti dai diversi paesi mediterranei, evidenziandone le peculiarità e le somiglianze.

Le maschere, elemento fondamentale della cultura barbaricina, ci riportano ad una delle più antiche, suggestive e folkloristiche feste popolari della Sardegna, il Carnevale Mamoiadino, reso celebre in tutto il mondo dalla sfilata de “Sos Mamuthones” e “Sos Issohadores”, veri e propri simboli di questo Carnevale: la sfilata consiste in una “danza”, quasi un rituale per scacciare il male, che vede insieme dodici Mamuthones, uomini che indossano la “mastruca” (casacca di pelle di pecora dei pastori sardi), col volto coperto da “sa visera” (una maschera nera antropomorfa) e col dorso carico di un pesante “grappolo” di campanacci di varie misure (“sa carriga”).

L’abbigliamento dell’Issohadore è completamente diverso da quello del Mamuthone e viene chiamato "veste 'e turcu" (abito da turco): ha in testa il tipico copricapo sardo, legato al mento con un fazzoletto colorato, una maschera chiara dai lineamenti dolci, pantaloni e camicia di tela bianchi, un corpetto rosso e uno scialle con bellissimi ricami legato in vita.

I Mamuthones camminano in colonna appaiati, tenendo un passo ritmico in due tempi e facendo risuonare all’unisono i campanacci, accompagnati da sei Issohadores, così chiamati per la “soha”, una lunga fune con la quale catturano e tirano a se la persona che hanno scelto tra la folla. Ogni tanto i Mamuthones, tutti insieme, eseguono tre rapidi salti su se stessi, provocando un assordante rumore con i campanacci: la danza si svolge per il resto in silenzio, senza urla né parole, quasi ad enfatizzare il suo valore rituale.

 

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